Il sussurro

Pokèpasta by Nonna Koka e.e

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  1. †Kønømi†
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    Ciao a tutti!
    La storia che vi sto per raccontare è frutto interamente della mia fantasia, nn c'è un sl pezzo ke è tratto da altre pokèpasta. è da un' po di giorni che ci sto lavorando su >.< beh, ke dire... enjoy it!


    Tutto ebbe inizio nella lontana regione di Johto, dove pokèmon e umani vivevano insieme in armonia e collaboravano per garantirsi un futuro migliore. Lo so, chiunque direbbe: "che du balle, sempre le solito cose"... Beh, almeno fosse così! Ma purtroppo, questo mondo non è tutta quella gran allegria che descrivono i comuni giochi di pokèmon. No... c'è molto di più. E qui incomincia la nostra storia.
    Qui, nella lontana regione di Johto, un'allenatrice di nome Akane stava lottando per la vittoria. Più precisamente si trovava nella vecchia Amarantopoli, una cittadina che credo sia nota a tutti. La vecchia torre bruciata, il teatro di danza, la misteriosa Torre Campana… Insomma, chi non se la ricorda?
    Poi, con quell’atmosfera di solennità e antichità che vi è per le sue strade, le dà un tocco di fascino e mistero. Ma in quei tempi, Amarantopoli stava sprofondando nel baratro. Era come se la città fosse maledetta. Già, maledetta… La gente che vi abitava stava scomparendo, nel vero senso della parola. Di solito nel tardi pomeriggio o di notte, qualkuno nn faceva più ritorno a casa, e col passare del tempo si incominciò a credere che un essere s’aggirasse per la città, e portasse tutte le sue vittime in un luogo segreto, che solo lui conosceva. In pratica, si può dire che fosse na credenza popolare... o forse no?Insomma, si può proprio dire che la città fosse diventata fantasma. Oramai aveva appena una decina d’abitanti che vi vivevano. Stranamente, il capopalestra Angelo non lasciò Amarantopoli. Qui tutti direbbero: “Eccerto! Quella palestra è il suo lavoro,è tutta la sua vita!”... Beh, io piuttosto che parlare di vita, parlerei di morte. Infatti, da qualche mese a quella parte, Angelo non era più lo stesso. Si rinchiuse nella sua palestra e non vi uscì per settimane. Solo una sera, nascosto dall’oscurità delle tenebre, Angelo uscì da quella palelestra, che oramai sembrava essere diventata la sua tomba. Data la scarsa popolazione, quasi nessuno lo vide… beh, quasi. Una bimba stava giocando con il suo surskit, in uno stagno lì vicino. Si divertiva a far rimbalzare i sassolini sul pelo dell’acqua, e il suo surskit ne seguiva il movimento con grazia. La bimba, si chiamava Aoi, ed era la nipote di un’anziana saggia della città. Alla vista di Angelo, richiamo il suo surskit nella pokèball, e si scostò fra l’erba alta. Angelo era lontano, appena vicino al portone della palestra. Nell’oscurità di quella notte d’autunno, pareva un fantasma. Era silenzioso e teneva in mano una candela consumata quasi del tutto. Pian piano andava avvicinandosi alla Torre Campana. La bimba lo seguì per tutto il sentiero Din Don, sotto le foglie d’autunno che cadevano delicatamente dai rami degli alberi.
    Parte un fievole grido.
    Aoi: I-i i s-suoi o-okki…
    Celata da un cespuglio appena più alto di lei, Aoi fissò di profilo il volto di Angelo. I suoi occhi sotto il fievole lume della candela le apparvero come due solchi vuoti, o per meglio dire vi era appena appena uno scintillio scarlatto. Le tremarono le gambe, era come paralizzata. Angelo, sempre col suo sguardo vacuo fisso verso il nulla davanti a sé, riprese a camminare. Il solito passo, lento, sul manto delle foglie secche.
    Tc tc tc tc
    Un passo lento, sì, ma costante.
    La bimba si riprese abbastanza da seguirlo. Angelo si ritrovo davanti ala Torre Campana, mentre da dietro un albero Aoi cercava di spiarlo. Lui spense il lume, e con un cigolìo stridulo aprì il portone. Entrò con passo deciso e chiuse il portone alle sue spalle. La bimba si avvicinò con cautela. Dopo qualche tentennamento sentì dentro di sè crescere l’ardo desiderio di andare a fondo a quella faccenda.
    Allora tirò il grande maniglione, aprendo con tutte le sue forze il portone verso di se e…KIAAAAAAAAAAAAAH
    Un grido acutissimo e stridulo squarciò l’aria. Un grido che, poco ma sicuro, non era umano
    Il tempo passo, e della bimba non si ebbero più notizie. Nella città incominciarono a sorgere dei dubbi.
    Che era successo alla piccola Aoi?
    Che stava accadendo ad Angelo? – o per meglio dire - Che cosa stava diventando?
    Nessuno vi trovava una risposta... Ma ritorniamo alla nostra storia.
    Il numero di allenatori che venivano da tutte le parti della regione per sfidare la palestra di Angelo si decimò, comunque c’era sempre qualcuno che non desisteva e che voleva affrontarlo ad ogni costo. Già… ogni costo.
    Gli abitanti cercarono di trattenere quegli stolti allenatori, ma loro scioccamente non darono ascolto a nessuno…male.
    6 furono gli allenatori che entrarono in quella palestra, ma neanche uno vi uscì.
    Strano, troppo strano.
    Ma ritorniamo alla nostra Akane. Era nella palestra della città, anche lei stava lottando contro Angelo… una pazzia. Ma la cosa ancora più curiosa, è che nessuno l’aveva avvisata del pericolo a cui andava incontro. Strano… gli abitanti non ci tenevano più a tentar di salvare delle vite umane? Beh, questa è un’altra storia…
    Nella palestra non vi era un filo di luce. Sembrava quasi ke non esistesse manco una finestra, e il buio regnava sovrano in ogni suo angolo. Invece il campo di lotta era circondato da delle candele sospese a mezz’aria, che creavano un effetto ottico quasi da stordire col loro lento oscillìo. L’aria che si respirava era densa, quasi stagnante. Assomigliava vagamente all’odore che c’è in una stanza dove vi è posto il cadavere nella bara, in genere poco prima che venga portato al suo funerale. Angelo, intanto, era lì, in piedi, con la sua classica fascia violacea tirata non sulla fronte (come il suo solito) ma sugli occhi, come per celare qualcosa. La lotta sembrava avviarsi alla sua conclusione. L’houndoom di Akane era stremato.
    Angelo: Gengar, finiscilo…
    - silenzio -
    Angelo: Neropulsar.
    Gengar scomparve per pochi secondi. Apparve alle spalle del poro houndoom, senza darli una possibilità d’eludere l’attacco.
    Certo, una mossa di tipo buio su un pokèmon di tipo buio-fuoco come houndoom dovrebbe avere proprio un minimo d’effetto, ma houndoom era già agli sgoccioli, fievoli erano le forze che ancora lo reggevano sulle zampre. E con questo attacco, Akane si trovò sbaragliata.
    Lei un solo pokèmon, Angelo ancora due.
    Un profondo senso di inquietudine le invase gli occhi.
    Le parole e i gesti di Angelo erano privi di ogni emozione, freddi, distanti dal mondo intero. Ma soprattutto, quella benda, che ne celava lo sguardo. “Che cosa avrà mai voluto nascondere?” si chiedeva continuamente Akane. E il suo Gengar non era da meno. Uno sguardo profondo, vuoto, a dir poco… morto.
    Akane richiamò con tono sprezzante il suo houndoom nella pokèball. Certo, aveva dato il massimo, ma non era stato sufficiente .
    Akane bisbigliando tra sé e sé si chiese se dato che Houndoom, che era il pokèmon più forte della sua squadra, non ce l’aveva fatta, che speranze poteva avere? Quella situazione non le piaceva, soprattutto per quella atmosfera, così… lugubre. Poi, perché Angelo si teneva quella benda sugli occhi? Nell’aria v’era una tensione palpitante. Riusciva a sentire un profondo senso di paura coglierla al cuore. Ora, non le restava che affidarsi a lui, anche se…
    E si itterruppe.
    Angelo: Dai Akane, mandalo in campo.
    Akane rimase un attimo sorpresa e confusa dalle sue parole, e dopo qualche tentennamento lanciò la pokèball, richiamando absol sul campo di lotta.
    Absol scese in campo. Per pochi secondi ci fu un vero e proprio silenzio tombale. Il suo sguardo prima era spavaldo, poi, guardando Angelo, fu come se impazzisse. Incomincio a dimenarsi e a mugugnare. Akane si insospettì. Absol era sempre stato un pokèmon dalla indole coraggiosa, non lo aveva mai visto in quello stato. Ad un certo punto, absol incominciò a scalfirsi la carne coi suoi stessi artigli. Alla vista di ciò Akane le corse affianco per tentare di fermarlo.
    Akane: “ABSOL MA COSA FAI? FERMATI SUBITO!” gli prese le zampe e lo fermò.
    Intanto, sul volto di Angelo era parso un ghigno sinistro, che ben presto divenne una risatina insistente.
    Akane aveva gli occhi sbaragliati. Sul dorso di absol s’era scalfito la parola “Bell”. Campana… a cosa mai si potrebbe riferire? Gli occhi del poro absol erano sgranati e completamente dilatati. Respirava con affanno, guaendo, e sembrava anchesì soffrire molto. Akane era letteralmente terrorizzata per quello che le stava accadendo al suo pokèmon. Si sentiva impotente, non sapeva come reagire a quell’atto di follia. Ma, all’improvviso, si blocco di colpo. Le era balenato in testa un pensiero agghiacciante:“Come dice il pokèdex, absol è un pokèmon in grado di prevedere le catastrofi, da quella naturali a quelle di qualsiasi altro genere. Ma, allora, che c-cosa sta per accadere? Cosa starà cercando di dirmi absol con questo gesto? Poi, la parola “Bell”… impossibile che le cose non siano collegate. No… qui dev’esserci qualcosa dietro.
    Si girò lentamente verso Angelo, che cessò di sogghignare di colpo.
    Angelo era lievemente curvo sulla schiena, con le braccia incrociate che gli premevano il busto, come per trattenere qualcosa. Forse un altro ghigno…
    Akane ebbe l’impressione di sentire come l’eco di un bisbiglio arrivare da ogni angolo della palestra. Nel frattempo, si incominciò a sentire le gocce di pioggia scrosciare sul soffitto della palestra.
    Angelo: Gengar…SPARISCI!
    Con un gesto della mano protesa verso gengar, quest’ ultimo fece un grido straziante e, volgendo lo sguardo al cielo, gli si sfasciarono interi lembi di carne, lasciandone dapprima solo le viscere, poi si dissiparono anche quelle, sotto gli occhi increduli di Akane e absol.
    Akane scioccata si girò verso Angelo e con un grido che conteneva tutto il suo disprezzo gli chiese cosa avesse fatto al suo stesso pokèmon. Angelo, dapprima, non la degnò neanche d’una risposta, ma poi…
    Angelo: “…lui non lo voleva più tra i piedi. Se una sua creatura si permette anche solo di subire un attacco nemico, non può neanche immaginare di poter restare in questo mondo. Non era più degno d’essere la creatura che era…
    Queste parole, così ambigue e confusionarie, parvero ad Akane prive di senso.
    Un silenzio di tomba regnò sul campo di lotta per qualche istante. Lo scrosciare della pioggia si faceva sempre più intenso e minacciava di far tempesta.
    Da un’estremità del campo c’era Angelo, col suo viso che appariva costantemente privo d’emozione. La sua pelle era pallida, oserei dire tra un giallastro-roseo, eppure pareva molto liscia, cosa ovvia data la giovane età del Capopalestra. Dall’altra estremità del campo vi era Akane che, dopo aver applicato una pozione sul poro absol, lo spronò a rialzarsi in piedi. Dopo qualche tentennamento, absol vi riuscì, ma le sue forze erano di già così limitate dopo quel suo gesto che un po’ per pazzia un po’ per mistero lo portò a graffiarsi via interi lembi di carne. Ormai era ovvio…Absol non poteva più continuare in quelle condizioni. Akane cadde con le ginocchia a terra. Sembrava proprio che quella lotta fosse ormai giunta alla sua conclusione. Ma non sapeva che tra ben poco avrebbe dovuto ergere un altro tipo di lotta, oserei dire… una lotta per la sopravvivenza.
    Akane si rialzò, e con lo sguardo basso e perso nel vuoto sussurrò le parole: “è finita, ho perso…”
    Angelo ricominciò a sogghignare.
    Angelo: “…Ti piacerebbe, che fosse tutto finito (gh-ha-ga-ha) ma in verità tutto deve ancora accadere!!”
    E sull‘ultima sillaba di quella frase s’intravvise da dietro la benda il luccichio di due scintillii scarlatti.
    Il sogghigno di Angelo si fece una risata cupa e insistente.
    Per la palestra aleggiava nuovamente quel sussurrò inquietante e le parole sembravano provenire un po’ da una parte, un po’ dall’altra. Era un sussurrò confuso, ma sembrava voler comunicare un qualcosa. Fra le varie parole Akane riuscì a capire “Angelo” e “Portalo a me”. A quest’ultima Akane si turbò molto. Si continuava a chiedere chi è che stesse parlando.
    Un lampo fece riecheggiare la sua luce fin dentro la palestra. Doveva esserci una gran tormenta fuori.
    Ad un certo punto Angelo, spalancando le braccia al soffitto, fece una risata oltre che cupa, quasi maniaca. In quel gesto, le candele che fluttuavano intorno al campo di lotta si spensero, come se una ventata impercepibile le avesse soffiato contro. Ci fu una lieve scossa. Akane e absol tenendosi vicini guardarono atterriti il terreno attorno al campo di lotta sgretolarsi sotto ai loro occhi. Ora il campo di lotta era come sospeso sopra di una voragine, il quale era impossibile vederne il fondo. Ogni tanto si sentiva provenire qualche lieve lamento, anche se alle orecchie di Akane parevano solo frutto della sua fantasia.
    Angelo nel contempo, finita quella risata sembrò tirar fuori dal nulla una pokèball. Era scura, pareva logora e molto antica, quasi arcaica. Lanciò la pokèball in aria che, una volta toccato il suolo, si sfasciò letteralmente e con un grido acutissimo e stridulo ne fuoriuscì un pokèmon, o per lo meno sarebbe dovuto essere un pokèmon. Si può dire che ne venì fuori una creatura. Pareva avere un mantello della sua stessa pelle cadergli dalle braccia, dietro al quale si celava completamente. Era abbastanza alto, una creatura completamente scura, con varie sfumature di nero che gli davano un aspetto ancor più misterioso e inquietante. Era completamente ricurvo sulla schiena, e non mostrava il suo volto, nascondendosi dietro al mantello.
    Si ricominciò a percepire quel bisbiglio ad effetto d’eco, ma stavolta sembrava provenire da quella creatura.
    Ma c’è da immaginarsi ‘atmosfera che s’era venuta a creare: l’odore stagnante, il campo di lotta sospeso nel vuoto, la tempesta che fuori dalla palestra imperversava, Angelo che, con quella sua creatura, sembrava non volere lasciar andare la povera Akane che, inchiodata il quella palestra, non riusciva a trovare una via di fuga.
    Di nuovo in silenzio di tomba, che solo lo scrosciare della pioggia rendeva meno inquietante, finchè non si ruppe dalla nuova risata di Angelo.
    Akane: "Ma cosa ti ridi ancora?! Nel caso non l’avessi capito io ho dato forfet, non posso più continuare la lotta col mio pokèmon in questo stato. Lasciaci andare!”
    Akane voltandosi di spalle iniziò a correre, ma il terreno più procedeva e più si sgretolava sotto i suoi piedi. Così, vedendo ciò che accadeva se continuava a procedere, colta dal panico, cadde di dietro e trascinandosi di schiena con le mani e i piedi riuscì a sfuggire a quell’enorme voragine che andava creandosi, anche se si ritrovò nuovamente sul campo di lotta.
    Angelo sempre col suo ghigno (che, si può dire, aveva letteralmente rotto il cazzo!) disse ad Akane:
    “Se ti è cara la vita, dona a lui ciò che al mondo ti è ancora più caro. O, ti sarà sottratto dalla sua stessa creatura.”
    Akane non riuscì a cogliere il senso di quella parole, anche se parevano così altisonanti. Riuscì solo a comprendere, che se non avesse consegnato quel che più le era caro a quell’essere, quest’ultimo gliel’avrebbe comunque sottratto, privandola anche della sua stessa vita. Era impaurita ed absol era nel suo stesso stato. Solo la vista di quella creatura lo tramortiva. L’essere, da ricurvo si di sé, scostò un lempo del mantello che gli pendeva dal braccio, in modo da poter fissare absol. Quest’ultimo, alla vista del volto della creatura, impazzì letteralmente e rotolandosi sul pavimento incominciò a graffiarsi non più il dorso, ma gli occhi, che presero a sanguinare abbondantemente. Akane gridò in preda alla disperazione, tentando di fermare il suo pokèmon, ma era troppo sconvolto ed era impossibile tenerlo fermo. Le grida d’Akane e absol riecheggiarono per tutta la palestra, finchè Angelo non sussurrò le parole: “…Sì, Signore, solo un attimo di pazienza…” . All’udire quelle parole Akane si fermò, e con gli occhi sbaragliati e le labbra appena aperte vide la creatura scostarsi d dietro il mantello. Angelo sussurrò con tono sprezzante la parola “Maledicilo” e subito la creatura rimostrò il suo volto al poro absol, emittendo un grido stridulo e acuto che, purtroppo, era sin troppo simile al grido che aveva sentito la piccola Aoi una volta aperto il portone della Torre Campana. Absol all’udire quel verso si conficcò gli artigli negli occhi, cavandoseli, con un grido che squarciò i timpani d’Akane che, traumatizzata, assisteva alla scena letteralmente in preda al panico. La creatura si avvicinò con passo lento ad absol, che, disteso sullo stesso posto, continuava a trafiggersi la carne con gli artigli. Dietro di sé l’essere si trascinava quel suo mantello, che lasciava evidenti strisciate di sangue sul terreno sul quale passava. Una volta giunto alla (si può dire ormai) carcassa di absol, vi si chinò sopra e incominciò a dilaniarne le zampe coi suoi denti, volgendo le spalle ad Akane. Akane, in preda al terrore, non riuscì più a trattenersi ed a stare con le mani in mano, così incominciò a correre all’impazzata verso quell’essere che stava divorando in suo migliore amico. Udendola arrivare l’essere si girò di colpo e cacciando un grido straziante le diede un fendente del suo braccio in faccia, scaraventandola fino al limite del campo di lotta. Ma, sotto il suo sguardo atterrito, il terreno le si sgretolò sotto il suo corpo, facendola precipitare nell’oscurità del baratro sottostante al campo di lotta.

    Fine 1^ parte!


    Che cosa accadrà alla pora Akane?
    Dove la porterà quel volo nel baratro sottostante il campo di lotta?
    Cosa ne faranno del povero Absol Angelo e quella misteriosa creatura?
    Chi è questo lui?
    E sopratutto, che relazione ha tutto ciò con la misteriosa Torre Campana?

    Tutto qst lo scoprirete nella prossima parte di "Il sussurro" °D° alla proxxima e.e

    _____________________________________________

    E dopo SECOLI che ci lavoro sopra, ekko a tutti voi la 2^ parte!!! Solo delle piccole premesse:
    -I dialoghi, come tutti sanno, sono tra una coppia di "
    -I pensieri di un personaggio sono trascritti tra due **
    -Tutto ciò contrassegnato da due parentesi quadrate [] sono delle note dall'autrice inserite nel testo, come delle riflessioni personali.
    Ed ora, enjoy it °D°


    …Buio…
    Non vi era altro che buio nella mente d’Akane.
    Un colpo alla testa? Una contusione violenta per l’impatto dopo il volo? Chi lo sa.
    Sentiva solo lo scrosciare della pioggia sulla propria pelle, ed ecco, il cinguettio di qualche pidgey.
    Finalmente aprì gli occhi. Vedeva gocce di pioggia caderle insistenti sul volto, da un cielo grigiastro d’autunno.
    Riuscì a tirar su la schiena e, poggiandosi una mano sul volto, volse nuovamente lo sguardo al cielo.
    Akane: Do-dove sono?
    Al suo fianco si ergeva il grande portone della Palestra pokèmon di Angelo. Intorno a lei, solo il rumore della pioggia. Fissando quel portone davanti a sé le balenarono in mente un flash di immagini. E così vide riaffiorarle i ricordi degli occhi di quel mostro, delle strisciate di sangue che lasciava dietro sé, della risata di Angelo e, sopratutto, del suo Absol, disteso sul campo di lotta, con gli occhi cavati in una pozza di sangue, mentre la creatura lo dilaniava.
    Un lampo squarciò il cielo, illuminando il volto d’Akane.
    Akane: Absol… ABSOL!
    Il suo grido riecheggiò per le strade deserte d’Amarantopoli. Fra le varie gocce di pioggia che le cadevano dal viso se ne poteva intravvedere una, quasi brillante. Una lacrima.
    Si rialzò in piedi, con grande sforzo. Il probabile impatto dopo quel volo per il baratro doveva aver lasciato i suoi segni. Ciò nonostante, la sua mente era invasa da ben altri pensieri. Com’era possibile ritrovarsi fuori dalla palestra? Che fine aveva fatto il suo Absol?? Si girò verso il portone. Con sguardo atterrito lo fisso per qualche istante. Poi, con gli occhi colmi di lacrime, incominciò a picchiarvi sopra i palmi dei pugni, gridando e singhiozzando di ridarle indietro il suo Absol.
    Niente.
    Dalla palestra non giungeva altro che il silenzio più totale.
    Akane crollò con le ginocchia a terra. I palmi delle mani poggiati sul lastricato dinnanzi al portone. Non sentiva più la pioggia scrosciarle addosso, non sentiva più i pidgey cinguettare sul cornicione del tetto, nulla riusciva a perforare quel suo momento di solitudine più assoluta. Le lacrime continuavano a sgocciolarle dagli occhi e, con sguardo basso, si rialzò. Stringendo i pugni al petto, si girò di spalle e incominciò a correre, zoppicando, per il dolore che le davano le gambe.
    Arrivata al cancellone davanti alla palestra si dovette reggere ad un palo, dato che le gambe non la reggevano. Continuava a singhiozzare e a strizzare quei suoi occhioni che ormai erano divenuti rossi per quel pianto così disperato. Volse un attimo lo sguardo al cielo, socchiudendo gli occhi. Mentre le gocce di pioggia si mischiavano alle sue lacrime, sussurrò: “Absol… non può finire tutto così…”. In quel momento le apparvero davanti agl’occhi tutti quei bellissimi momenti passati col suo pokèmon. Come quando, nella cavità d’una quercia secolare nei meandri del bosco di lecci, quel piccolo uovo che stringeva a sé per proteggerlo dal freddo di quella notte invernale, si schiuse, dando vita a quel che in futuro sarebbe diventato il suo migliore amico. Già… il primo incontro d’Akane e Absol. Si ricordava benissimo di come, con quel loro sguardo, fu magia. Anche quella notte, che ormai pareva lontana e persa tra i ricordi, era uggiosa come quel giorno stesso. Continuò a pensare. La prima lotta di Absol, la loro prima vittoria, tutti quei momenti che allora parevano insidiosi ed ardui, ma che, con la forza del loro legame, andavano dissolvendosi col passare del tempo. Insomma, era tutto perfetto. Un’amicizia che sarebbe durata in eterno… già, in eterno. Ma ora, tutti i loro sogni, tutti quei momenti, erano svaniti per sempre, nell’oscurità di quel campo di lotta.
    Akane battè i pugni al palo del cancellone e riprese a correre, sempre dritto a sé. Non riusciva a tener gli occhi aperti talmente tante erano le lacrime che glieli invadevano. Appena girato l’angolo si sporse quel pelo di troppo sul ciglio della strada, rotolando giù per una collinetta, appena poco più bassa della strada. L’erba già era molto scivolosa per via della pioggia, e Akane, dopo quella gran scivolata, si ritrovò tutta indolenzita dinnanzi ad uno stagno.
    Seppur fosse uno stagno, era abbastanza grande, con acque torbide. Nell’aria aleggiava una foschia sottile, quasi spettrale. Il tutto poi era circondato da una fitta boscaglia di betulle e cipressi morti, le quali le foglie secche rendevano quell’atmosfera lugubre variopinta di mille colori.
    Akane si scostò dal volto della terra melmosa, cercando di riaprire gli occhi. Era fradicia e i vestiti sporchi di fango le si appiccicavano addosso. Per giunta, nulla riusciva a levarle dalla mente il pensiero del suo Absol.
    Trascinandosi, riuscì ad arrivare sino alle sponde dello stagno e, anche se l’idea le faceva ribrezzo, si lavò il volte con le sue acque, giusto per levarsi ogni traccia di melma. Dopo essersi passata le mani sul viso, fissò a lungo il riflesso del suo volto in quell’acqua torbida. Il suo sguardo era vuoto, non esprimeva più alcuna emozione, era come perso nel nulla.
    L’acqua dello stagno incominciò ad agitarsi lievemente, come se qualcosa vi fosse lanciato dentro. Akane alzò piano lo sguardo e noto che, a qualche metro più in là, dall’altra parte dello stagno, vi era una bimba, che lanciava sassolini nello stagno. Indossava una mantellina, con un cappuccio che arrivava a coprirle la testa, sino alla punta del naso. La bimba pareva molto piccola e, anche se vista da lontano, si notava il chiarore della sua pelle, oserei dire quasi bianca. Si chinò per prendere un altro sassolino e –zag- lo lanciò nello stagno. Sembrava fare un minimo cenno di sorriso quando il sassolino rimbalzava a pelo dell’acqua. Dopo quel suo gesto, Akane notò con stupore che, in quelle acque stagnanti, non vi era riflessa la bimba. Rimase un attimo shokkata e, dopo qualche perplessità, si alzò, incominciando a camminare piano, sulla sponda dello stagno, girandovi attorno, per provare a raggiungere quella bambina.
    Ecco, era ormai a pochi passi da lei. La bimba fino a quel momento non s’era accorta della sua presenza, forse per il fatto che il cappuccio della mantellina ne copriva gli occhi. Comunque sta di fatto che, udendo i passi della nostra Akane, si sorprese a tal punto da fare un balzo notevole.
    Akane, con un gesto della mano e con un sorriso, la salutò, dopodiché le chiese cosa ci faceva lì tutta sola, in quella giornata così umida e fredda. Non fece in tempo a finire la frase che la bambina già si stava dileguando nella boscaglia dietro stante allo stagno. Akane le chiese d’aspettare, ma vedendo che la bimba non le dava ascolto, continuando ad inoltrarsi nel bosco, la seguì, gridandole che non aveva motivo di scappare.
    **Potrebbe essere pericoloso per una bambina girovagare di tarda sera in un bosco, devo fermarla!** pensò Akane.
    Intravvedendola a pelo dell’occhio, Akane riuscì a seguirla, finchè il rumore della pioggia e l’infittirsi del bosco non ne coprirono de finitamente le tracce.
    ...E ora? Akane si ritrovò immersa in quel bosco a lei sconosciuto. Lo zigzagare per le fronde degli alberi le aveva fatto perdere l’orientamento, non riusciva a capire dov’era capitata.
    Continuò a lungo a girovagare per quel bosco ma, più vi si addentrava e più le sembrava che gli alberi fossero tutti uguali, che i massi si ripetevano, che le tracce lasciate sul manto delle foglie fossero le stesse lasciate da lei precedentemente.
    Era ufficiale, s’era persa.
    Akane: “Ma perché lo seguita?!” si continuava a chiedere. In effetti, s’era messa a inseguire quella bimba anche senza un motivo apparente. Per giunta, sarebbe potuta esser parsa una poco di buona dato l’ostinità con la quale la stava pedinando. Ma ora la cazzata era fatta. Si era persa, inutile tentar, con tanti giri di parole, di spiegare quel che stava accadendo.
    Persa. Senza un posto dove andare, senza qualcuno con cui stare. Dopo la perdita di Absol, nulla sembrava aver più senso per lei. E la pioggia andava aumentando. Insomma, ci fu un attimo di smarrimento generale, finchè un brivido le attraversò la schiena, facendole rizzare i capelli dalla paura. Andava facendosi buio, ormai non sapeva più da quante ore stesse girovagando a vuoto.
    Un vento freddo incominciò a levarsi, facendo librare in aria le foglie secche in un turbine, come una danza. Però, il buio andava calandosi più in fretta del previsto, e Akane non aveva alcuna intenzione di passare la notte in quel bosco. Le rivenne quel brivido alla schiena e, girandosi di colpo, vide in lontananza un qualcosa scostarsi velocemente tra le foglie secche, da dietro un albero a un altro, per poi sparire nel nulla.
    PANICO. Gli occhi d’Akane si sbarrarono e, tremando come in preda ad un attacco d’epilessia, sembrò impazzire. Mettendosi le mani tra i capelli sussurrò battendo i denti: “N-non p-può es-esser-e… è-è-è l-lui… è q-quel-la c-crea-t-tura!!!”.
    Sbarrò talmente gli occhi che sembrarono le stessero per uscire dalle orbite. L’aveva vista!!! Quella creatura!! La stessa creatura che aveva dilaniato il suo Absol! O forse no… forse era tutto frutto della sua fantasia… ma poco le importava. Si girò e incominciò a correre come non aveva mai fatto, cadendo nel fango del bosco e rialzandosi di continuo. Imbucò un sentiero. Era alquanto scosceso e seguiva un ruscellino. Il sentiero andava facendosi sempre più stretto. Corse a lungo senza voltarsi, ma, quando lo fece, constatò con grande terrore che a qualche decina di metri più indietro di lei un qualcosa di scuro e ricurvo su di sé procedeva a tentoni nella boscaglia.
    Akane: AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!!!
    Akane gridò in preda al terrore, come mai aveva fatto in tutta la sua vita.
    Corse e corse senza voltarsi più, senza neppure sapere dove stesse andando. Corse all’impazzata, finchè, voltandosi, non la vide più. Ma con questo gesto, non ebbe il tempo di rendersi conto che stava inciampando in un qualcosa, cadendo, e urtando violentemente la testa.
    Riuscì a rimanere lucida appena quell’istante necessario per intravvedere l’ombra d’un qualcosa avvicinasi a lei.
    Pensò tra sé e sé: **È la fine…** dopodiché, il buio più assoluto.



    …Ecco una luce. Era per caso morta? Si domandò.
    Riaprì gli occhi.
    Con un lieve sbattito delle palpebre mise a fuoco la vista, tirandosi su la schiena. Degli splendidi raggi di luce fioca penetravano da una finestra in carta velina. Si ritrovò in una stanza d’un’antica, ma raffinata, abitazione giapponese . Era coricata in un letto, vicino alla quale giaceva dormiente il suo adorato Houndoom. Una fresca essenza di lavanda invadeva la stanza.
    Per qualche istante Akane si chiese se si trovasse in paradiso, ma a giudicare dai lancinanti dolori che le davano i polsi e le caviglie, accuratamente fasciati, si rese conto di essere ancora in vita.
    Quel silenzio, quella luce fioca ma assolutamente chiara, e appena appena il ronzio si qualche masquerain, le mettevano una calma e una serenità che da troppo tempo le parevano così nascoste alla sua anima.
    Ed ecco che ad irrompere in quell’atmosfera così magica fu un’anziana signora, che entrò nella stanza giusto per accertarsi delle condizioni d’Akane. Le si accostò vicino e, con stupore d’Akane, le mise una mano sul volto, dando l'impressione di fissarla per qualche istante. La mano dell’anziana pareva gelida e rinsecchita, proprio all’osso, ma era una cosa normale data la sua tarda età… o forse no?
    Comunque sia, l’anziana si ridestò in piedi e, con un sorriso che pareva quasi sforzato, disse ad Akane che il peggio era ormai passato.
    ...Il peggio… a che si riferiva? Alle condizioni d’Akane, o a ben altre questioni? [Beh, per ora questo mistero è meglio lasciarlo un attimo in sospeso e.e]
    Akane ricambiò il sorriso e, con la voce ancora vacillante per quello stato di vago stordimento, le chiese dove fosse.
    L’anziana, una donna che all’apparenza sembrava sull’ottantina, era molto bassa e ricurva sulla schiena. Portava un lungo abito cerimoniale giapponese, ricamato con splendidi gigli turchesi, cinto ai fianchi da una fascia rossa scarlatta. Indossava un velo, che le copriva il capo e quasi tutto il volto. Dei profondi solchi le scavavano il viso, dandole ancor più un aspetto smorto.
    Ma ritorniamo alla domanda della nostra Akane. L’anziana dapprima non la degnò d’una risposta, ma, successivamente, le raccontò della serata precedente; di quando, immersa negli antri più profondi del bosco, alla ricerca di erbe medicinali, vide una ragazza, che pareva essersi smarrita e vagava per il bosco senza meta. Akane capì che quella ragazza di cui stava parlando l’anziana era proprio lei.
    L’anziana continuò il suo racconto, dicendole di come avesse tentato d’avvicinarsi a lei, ma invano, dato che Akane pareva impazzita e continuava a sfuggirle. Le raccontò, di come a un certo punto la raggiunse, trovandola priva di sensi, dopo aver urtato violentemente il capo contro una roccia. E per ultim cosa aggiunse che, avendola vista in quello stato, pensò ben di portarla al suo templietto, per prendersene cura.
    Akane era perplessa. Il tutto sembrava impossibile! Lei aveva proprio visto la creatura che la stava braccando quella sera! Ma allora… come si spiegava tutto ciò? Così, pensò bene di chiedere all’anziana signora se non si stesse sbagliando, e le spiegò di come, quella sera prima, fosse inseguita da una “misteriosa e cupa creatura”.
    L’anziana fece una strana risatina, e disse ad Akane che molto probabilmente il colpo alla testa doveva averle distorto i ricordi.
    ...No! Akane ne era convinta! Aveva visto quell’essere la sera precedente, ma… forse forse, aveva ragione l’anziana. Quest’ultima soggiunse che la serata precedente indossava una mantella scura, per ripararsi dalla pioggia. Molto probabile che la stanchezza e lo stato di panico ne avessero distorto l’immagine agli occhi d’Akane, facendola apparire come un essere mostruoso che la seguiva.
    Akane se ne convinse, ma… non sapeva. Le sembrava che ci fosse qualcosa che non andava.
    In quel momento, Houndoom si risvegliò e, vedendo Akane in ottimo stato, le saltò in grembo. Akane ringraziò immensamente l’anziana signora per averle rimesso in sesto il suo amato Houndoom. Lei non le rispose, ma sembrò bisbigliare qualcosa tra quei denti logori e giallastri.
    Anziana: "…lo sai, in fondo anche Houndoom è un pokèmon molto interessante…"
    Akane: “C-come scusi?” fece un sorriso storto, come per alludere di non aver capito.
    L’anziana le sorrise, e con una vaga risata le disse che non era niente, che le capitava spesso di pensare a voce alta.
    …Strano…
    Akane s’alzò dal letto, si diede una sistemata ai capelli e, accarezzando il muso a Houndoom, ringraziò l’anziana e le disse che per lei era giunta l’ora di andare.
    La faccia dell’anziana si fece molto cupa, quasi spaventosa. Detto ciò, Akane si voltò, e ,appena sfiorò la porta, l’anziana gridò: “Ferma!”

    Oddio. Un brivido percorse la schiena d’Akane. Il grido, era rauco, molto profondo, mostruoso; non era la voce dell’anziana.
    Si voltò piano, con sguardo straniato.
    L’anziana era lì, in piedi, col suo velo tirato fin sugli occhi.
    Per un attimo, Akane temette il peggio.
    L’anziana si schiarì la voce: “Coff coff! Oddio, sta tosse mi sta proprio uccidendo. Cara, volevo chiederti… non ti piacerebbe rimaner qua a farmi ancora un attimo compagnia? Sai, è da una vita che nessuno passa più da queste parti. Poi, per ringraziarti della tua disponibilità, ti potrei mostrare il templietto del bosco.”
    Akane rimase sorpresa:“Perché, c’è forse un templio da queste parti?”
    L’anziana sogghigno: “Uhuh, certo che c’è cara, e se sarai così gentile da fermarti una sola altra notte, potrò anche predirti l’Oracolo.”
    Oracolo? Akane non sapeva neanche cosa fosse. Comunque sia, quell’anziana signore, così triste, così smorta, così pallida, le faceva una gran pena. Poi, tutta sola, in quel bosco così lontano dalla civiltà… Insomma, decise di fermarsi a farle ancora un po’ compagnia. Comunque ricordò all’anziana che la mattina successiva sarebbe partita senza ulteriori indugi. L’anziana fece un mezzo ghigno, che interruppe immediatamente, come per non dare nell’occhio.
    Houndoom, che fino a quel momento se n’era rimasto quatto quatto, incominciò a digrignare i denti e a ringhiare contro l’anziana. Akane s’insospettì e, arricciando un sopracciglio, chiese ad Houndoom che gli stesse pigliando. Intanto, nella stanza, la luce andava progressivamente diminuendosi.
    Strano, si sarebbe dovuto essere sul pomeriggio, e allora che era quell’atmosfera che andava incupendosi? Poi, l’aria incominciava a farsi pesante …Strano…
    Akane colse un fatto curioso. Quei raggi di luce fioca che prima traspiravano dalla finestra, ora parevano d’uno strano rossore, come al crepuscolo.
    Houndoom incominciò ad abbaiare, sempre guardando fisso quel velo che celava lo sguardo dell’anziana. Akane intimò Houndoom a calmarsi. Non capiva che gli stesse prendendo. Nel contempo, sul volto dell’anziana era parso un ghigno sinistro che Akane, girata verso Houndoom, non notò.
    Houndoom, invece, a vedere i denti giallastri e logori dell’anziana allungarsi lentamente, affilandosi, s’incupì molto. Vide due scintillii scarlatti traspirare dal velo. Il ringhiare di Houndoom si mutò in un mugolìo, mentre la figura dell’anziana pareva allungarsi e mentre i suoi denti sembravano divenire lame. E il tutto accadeva giusto alle spalle dell’ignara Akane che, girata verso Houndoom, non si rendeva conto di cosa stesse accadendo.
    Ma c’è da immaginarsi la scena. Houndoom rannicchiato sulle zampe posteriori, in un angolo della stanza, con davanti Akane che tenta di calmarlo mentre, alle spalle della sua allenatrice, quell’anziana signora era ormai divenuta una figura esile, alta tre metri, con denti acutissimi e, anche lei, con lo sguardo celato.
    [Ma che era sta mania di tener qualcosa davanti agli occhi onde evitare sguardi altrui? Angelo, la bimba, l’anziana… Beh, diciamo che è uno dei tanti misteri della storia che sveleremo a tempo debito e.e]
    Comunque, nel contempo, Akane, guardando fisso negli occhi Houndoom, riuscì a intravvedere la sagoma dell’ ”anziana” dietro sé. Sgranò gli occhi. Le mani che prima cercavano di tener fermo il volto di Houndoom ora tremavano, come in preda ad un attacco di panico.
    Akane si voltò lentamente, e…

    L’anziana era lì, bassa, con la bocca appena socchiusa dal quale si intravvedevano i suoi soliti denti logori e giallastri.
    Anziana: "Oddio cara, hai una faccia! Cosa ti succede? Sicura di sentirti bene?”
    Akane sbattè più volte le palpebre. Niente. Non c’era proprio niente di insolito nell’anziana.
    Strano… eppur quel che aveva visto riflesso negli occhi di Houndoom era chiaro… Bah, il tutto si stava facendo, come dire… inquietante.
    Akane richiamò nella pokèball in suo Houndoom. Era troppo scosso per rimanere lì, in quella stanza.
    Anziana: “Allora, andiamo sì o no a visitare il templietto? È giusto giusto a non molto da qui, non ci vorrà molto.”
    Akane annuì e, seguendo l’anziana, uscì dall’abitacolo. Fuori la luce del giorno splendeva d’un radiore immenso. Strano. Prima nella stanza la luce che filtrava dalla finestra era quasi rossiccia. Mah… Akane incominciava a chiedersi sul serio che diamine stesse accadendo.
    Ed ecco, dinnanzi a loro, estendersi un immenso campo di rose rosse. Stupende a vedersi. Un colore scuro, sì, ma brillante. Akane ne rimase affascinata. Il campo era immenso, sembrava estendersi per tutta quella chiazza di terreno isolata nel mezzo della boscaglia. Solo una cosa rompeva quella perfetta armonia tra la distesa di rose e il paesaggio; un albero, al centro del campo, con qualcosa ai piedi delle sue radici.
    Akane s’allontanò un attimo dall’anziana per andare a vedere più da vicino il maestoso albero. Corse per il campo, come incantata, senza accorgersi che le spine dei rovi delle rose le stavano graffiando i polpacci. Solo una volta arrivata dinnanzi all’albero ne percepì davvero la sua immensità, tanto che i suoi rami parevano toccare il cielo. Akane, alzato lo sguardo, ne fissò le fronde, che frusciando al passare del vento provocavano uno strano effetto ottico.

    Un tuffo al cuore.
    Per qualche istante le era parso di vedere una bimba accovacciata su di un ramo, per poi sparire nel nulla.
    Abbassò lo sguardo; davanti all’albero vi era una piccola lapide in pietra. Era tozza, con una vaga forma a croce.
    Il volto d’Akane s’incupì molto alla vista della lapide. Sentì una voce alle spalle.
    Anziana: “Oh, cara, devi sapere che questo è il luogo dove ormai da anni giacce la mia amata nipotina.”
    Akane impallidì: “L-la sua nipotina? Oh, mi spiace molto signora…”
    -silenzio-
    Akane si sentiva totalmente fuori luogo, ma, inappropriamente, le venne da dire: ”…mi dica, di cosa è morta?”
    Anziana: “Oh, la mia piccola pupilla, era una dolcissima bambina. Devi sapere che sin da quando era in fasce, sua madre, vedova da anni, se ne andò a causa d’una malattia, così decisi di prendere la bimba con me, piuttosto che abbandonarla al suo destino. Passarono gli anni, e tra noi andava creandosi un legame stupendo. Mi ricordo ancora di quando le feci conoscere il suo primo pokèmon, un Surskit. Oh oh oh, andavano così d’accordo! Non si separavano mai, neanche quando la piccola m’aiutava con gli oracoli al templietto. Era la mia gioia, la mia vita, insomma… era tutto per me. Ma, un giorno…”
    Akane s’incupì: “…Ma? La prego, mi dica cosa l’è accaduto, se non le reca troppo dolore parlarne.”
    L’anziana fece un sorrisino smorto, e, con sguardo vuoto, incominciò:
    “…Una notte, molti anni fa, la mia piccola nipotina s’allontanò dalla nostra dimora con Surskit, verso la vicina città d’Amarantopoli, per giocare al loro stagnetto preferito. Oh, c’andavano così spesso, che ormai non mi affannavo più all’idea di lasciarla andar sola a giocare per qualche decina di minuti.
    …L’errore più grande della mia vita.”
    Dal volto dell’anziana si scorsero delle lacrime solcarle quelle profonde rughe, per poi cadere pesanti a terra. Akane la guardò con compassione, e con appena un accenno di dubbio.
    Osò dirle: “E quale fu questo suo grande errore?”
    L’anziana sussultò, le tremarono le mani, il volto; sembrava curvarsi sulla schiena, comprimendo l’addome con una stretta delle braccia. Questa insolita posizione ricordò ad Akane, con grand’orrore, Angelo. Il cuore sembrava esploderle in petto al solo pensiero che…
    Anziana: “N-non dovevo. Perché… PERCHÉ l’ho lasciata andare?!” e scoppiò in lacrime.
    Akane la guardò mestamente, non sapendo cosa dire.
    Anziana: *sospiro* …Non potetti più godere della vista del suo radioso e giovincel volto da quel giorno… Non ritornarono più a casa, né lei, né Surskit. Come inghiottiti nella morsa di quella fredda nottata d’autunno, che se li portò via…”
    -Silenzio-
    Anziana:”…Non vedendola tornare a casa, andai a cercarla. Le tenebre ricoprivano i boschi circostanti Amarantopoli. Un solo sentiero conduce questo templietto alla città, e sbuca nelle vicinanze dello stagno dove la mia nipotina andava a giocare. Giunta sul posto gridai e rigridai, ma non la sentii rispondere. Il panico mi colse il cuore, quando, da un rametto d’edera spinosa, colsi un lembo grigiastro di stoffa; era della mantellina della mia nipotina. Mi guardai in giro: dinnanzi a me stava la Palestra Pokèmon della città. Con orrore scorsi il portone d’essa appena appena socchiuso. E lì, mi parve che il cuore cessò di battermi per qualche istante. La bestia era uscita dalla sua tana. Infatti, da tempo era ormai noto ai pochi abitanti della città lo stato d’Angelo. Non si sapeva solo che gli fosse accaduto, ma era certo che, da una notte ormai lontana nel tempo, Angelo non fu più lo stesso. Noi più anziani ci ricordiamo cosa successe, o per lo meno, cosa fosse successo in teoria. Si diceva che Angelo, quella notte, si recò, come spinto da una forza misteriosa, alla Torre Campana. E dopo quel giorno, nulla fu più come un tempo.”
    Akane tacque.
    Anziana: “A quella vista, corsi all’impazzata verso la Torre, cadendo più volte a terra, dati i miei acciacchi. Giunta ove il sentiero Din Don prendeva corso verso la Torre, udii un grido. Sbaragliai gli occhi e caddi a terra. Abbassai la testa, reggendomi appena con il palmo delle mani poggiate sul terriccio umido; era il grido di Aoi, della mia amata nipotina.”
    Akane incominciò a tremare, tanta era l’adrenalina che le scorreva nelle vene.
    Anziana: “Da quel giorno, nulla fu più come prima. Sentii la mia vita perdere d’ogni senso. Mi rinchiusi per un lungo tempo qui, nei meandri di questo bosco, ormai decisa a lasciarmi morire in agonia, finchè…” e qui si bloccò.
    Akane non disse più niente; era totalmente immersa nei suoi pensieri.
    L’anziana fece un accenno di sorriso e, volgendo lo sguardo al cielo, disse: “Sai, sono certa che l’anima d’Aoi vaghi ancora per queste terre, per questi alberi, per le strade di quella città. Sono sicura che abbia qualche conto in sospeso, che abbia bisogno dell’aiuto di qualcuno per poter finalmente riposare in pace. A volte, mi pare ancora di vederla correre per questo campo, di sentirla intonare un canto lento, angosciante, come per esprimere la sua immensa agonia.”
    L’anziana sorrise e, fissando con espressione assorta, riprese: “Sai, questo era il suo albero; si divertiva ad arrampicarvisi fino a raggiungere i rami più alti. Diceva, con la sua vocina innocente, che da lassù riusciva a vedere sino alle due grandi torri d’Amarantopoli."
    Akane sbiancò; un brivido inverosimile le percorse tutte le gambe sino a giungere alla testa. Non le ci volle molto per ricordarsi di quegli strani incontri; La bimba allo stagno, la quale non si rifletteva nell’acqua, la bimba sui rami di quel imponente albero, la mantellina strappata…
    No, non poteva essere… Akane non riusciva a capacitarsi d’aver visto uno spettro, e come se non bastasse in più circostanze! Poi, le parole dell’anziana: *” Sono sicura che abbia qualche conto in sospeso, che abbia bisogno dell’aiuto di qualcuno per poter finalmente riposare in pace”* …e se fosse lei quel qualcuno?
    L’anziana, vedendo Akane così assorta nei suoi pensieri, si mise a scrutare il cielo, notando uno stormo di pidgey volare verso i loro nidi, su d’uno sfondo rosastro.
    Anziana: “Oh diamine, come s’è fatto tardi! Se non ci sbrighiamo a raggiungere il templietto potrebbe divenire troppo tardi.”
    Akane pensò: **…Troppo tardi per cosa? Forse, c’è un’ora prestabilita per leggere l’oracolo, o forse, c’è qualcosa dietro a tutto ciò…**
    Akane sentì un profondo dolore alle gambe. Così, abbassato lo sguardo, notò che i polpacci le stavano sanguinando. I rovi delle rose le avevano inferto dei taglietti superficiali su ambedue le gambe.
    Akane: “Maledetti rovi!” e si chinò per tamponarsi i tagli con della saliva ed un fazzoletto. L’anziana le si chinò ai piedi, alzandole lievemente una gamba ed incominciando con dei lembi strappati dal suo abito. Qualche goccia del sangue d’Akane le si versò sulle mani. Finito di medicarla si rialzò in piedi, dirigendosi verso il templietto. Akane se ne stette qualche passo più in dietro, un po’ imbarazzata dalle attenzioni dell’anziana. Intanto, lievemente curva sulla schiena, l’anziana procedeva lungo il sentiero. Senza farsi notare da Akane, si portò la mano al volto, incominciando a leccarne il sangue che vi era caduto sopra. Dopo qualche minuto, ecco ergersi dinnanzi ad Akane il templietto. Era alquanto piccolo, con una veranda frontale ed un monolocale dal soffitto molto alto, nel quale all’interno vi era riposto un focolare gigantesco. Il tutto era in stile giapponese, come la tradizione del luogo esige.
    Entrarono. Un aroma di lavanda rendeva assai più lieta l’atmosfera. Con la luce del crepuscolo filtrante dalle finestre, la stanza pareva d’un colore rosato. Ed ecco, mentre Akane contemplava la bellezza della stanza, l’anziana si mise dietro al focolare, voltata verso Akane. Questo gesto attirò l’attenzione d’Akane, che si girò verso la donna. Non disse una parola. Distolse lo sguardo dall’anziana, fissando le grandi vetrate alle spalle d’essa. Occupavano tutta la parete e davano un’ampia visione sul panorama del bosco e delle montagne vicini ad Amarantopoli. Ad Akane brillarono gli occhi e, con la bocca spalancata, corse verso quell’enorme vetrata, ammirando meravigliata tutte quelle bellezze che il terrore e il panico le avevano impedito precedentemente di notare. Nel cielo rossastro vi era appena qualche candida nuvola, tinta dai colori pittoreschi del tramonto. Ed ecco, uno stormo di spearow si levò dall’albero nel campo di rose, solcando i venti soffiati da Violapoli. Volavano verso quel sole rossiccio che andava posandosi dietro alle montagne all’orizzonte, sfumando tutto il bosco di quel rossore che giunge solitamente quando sta per arrivare la sera. Vi starete dicendo: “Certo, è un bello spettacolo, ma non da rimanerci a bocca aperta come dei cojoni”. Beh, dovete sapere che quella splendida vista ricordò ad Akane il suo paese d’origine: Giardinfiorito, nella lontana regione di Sinnoh. Era da così tanto che Akane non ritornava a casa, da sua madre e dalla sua sorellina, che le parve di sentir le loro voci.
    Akane: “Oh, mamma…”
    Le scese una lacrima, il ricordo del suo paese natale le scaldava l’anima.

    Un sussulto al cuore. Percepì per qualche istante un sussurrò confuso provenire da ogni angolo di quella stanza. Per un momento si fece cogliere dal panico, ricollegando quel sussurro a quello udito nella Palestra; praticamente identici. Ma si calmò in men che non si dica, convincendosi che fosse stato tutto frutto della sua fantasia. Ma il tutto, a suo malgrado, le ricordò il suo amato Absol. Ne sussurrò piano il nome, non riuscendo ad aggiunger altro. Cioè, cosa poteva dire al riguardo? Aveva perso il suo migliore amico in circostanze a dir poco assurde, per poi cadere, battendo violentemente la testa, e ritrovarsi fuori dalla Palestra. Cioè, è assurdo! Ma l’amicizia che la lega al suo pokèmon è così intensa che non può smettere di pensare a quanto furono felici insieme. Un'altra lacrima le si calò dal volto, ma stavolta calda e amara.
    "Absol…” sussurrò.
    NO! Akane non voleva separarsi da quello che per anni era stato il suo migliore amico! Ma… come fare? Ormai, ogni speranza era perduta...
    L’anziana ne richiamò l’attenzione, schiarendosi la voce: “Giungi a me, e avrai tutte le risposte che stai cercando.”
    Akane si voltò sorpresa; per un istante s’era scordata del motivo della loro visita al templietto.
    L’anziana con un semplice gesto della mano la invitò ad avvicinarsi, così ella s’avvicinò. Erano una di fronte all’altra, faccia a faccia, divise solo da quell’immenso focolare scoppiettante. Allora, la stanza si fece sempre più buia, finchè l’anziana spalancò le braccia e, gridando a squarciagola, invocò l’oracolo. Il focolare divampò, diventando enorme, per poi ridursi gradualmente ad un fuocherello bluastro, alto appena un metro. Akane, con la fronte gocciolante, assistette stupita alla scena, indietreggiando. L’anziana, con il capo chinato, le indicò di riavvicinarsi, e così fece. Sussurrò qualcosa al focolare, protendendo le mani verso esso, per poi bisbigliare chiaramente con tono “decrescente”: “Oh oracolo, mostra a questa giovane ragazza…” e da qui in poi abbassò troppo il tono della voce; lo scoppiettare del fuoco impedì ad Akane di capire cosa stesse invocando realmente. Ed ecco, la stanza, da quasi totalmente buia, divenne dapprima totalmente oscurata, per poi illuminarsi fievolmente d’ombre azzurrastre di fiammelle, che ondeggiavano sulle pareti. Akane assistette sbigottita a quello spettacolo, finchè l’anziana la persuase a concentrarsi sul focolare. La vecchietta agitava braccia e mani intorno a quelle fiamme azzurre, bisbigliando parole incomprensibili, quasi d’una lingua arcaica, finchè s’accosto ad un palmo dalle fiamme, sussurrando nuovamente qualcosa. Akane, stufa di non capirci niente, tentò di leggerle il labiale, riuscendo a capire la frase “…mostraci il suo volere…”
    Ci rimase di sasso. **Il suo volere? Suo di chi? Non è che… Si riferiva a… quel lui di cui andava dicendo Angelo?...Ora basta. Le coincidenze stanno diventando troppe.** Ragionatoci sopra, fissò il volto dell’anziana… niente. Non sapeva più a cosa pensare.
    **…Ma no, sarò ancora troppo suggestionata da ciò che è successo in quella Palestra. Mi sto facendo soltanto delle idee sbagliate. In fondo, è solo una povera e sola vecchiettina, cosa potrà mai farmi?** [eggià, cosa avrà mai potuto farle? e.e …Ma cosa pensate porcellini!]
    Ma ritornando alla frase dell’anziana; dopo aver sibilato quelle parole il fuoco sembrò prendere vita propria, danzando e scoppiettando in un piccolo turbine di fuoco.
    Ad un tratto, dalle fiamme si sembrò di intravvedere un volto agghiacciante, dalla mascella spalancata, che gridava un dolore immenso. Una vista orribile, che turbò molto Akane. Le fiamme si rimisero a danzare, facendo sparire quella terribile espressione. Akane, ancora sconcertata, solo dopo qualche istante si rese conto che, proprio quel volto così angosciante, assomigliava in modo incredibile ad Angelo! Non ebbe il tempo di star a rifletterci sopra che le fiamme si mutarono in un’altra immagine. Le ci volle qualche istante per definire con precisione gli elementi raffiguratosi. Così, Akane, intravvise Absol.
    Akane: “Absol!”
    Gridò il suo nome, come se potesse sentirla. Ma ben presto, la gioia di rivedere il suo pokèmon si tramutò in orrore. Infatti, Absol giaceva in un lago di sangue, posto su di un piccolo altarietto, illuminato da candele sospese a mezz’aria. Perdeva sangue a dismisura, soprattutto dalle cavità oculari, dal quale, ricordandolo, s’era cavato i suoi stessi occhi. Dalle fiamme, Akane riuscì ad intravvedere un’altra sagoma. All’inizio, era ondulata ed indefinita, si intravvise la benda violacea di Angelo. Si vide chiaramente che questi si stava avvicinando ad Absol, ormai in fin di vita, con un ghigno sinistro. Akane stava andando in panico. Non riusciva più a controllarsi e gridò a tal punto da far tremare le vetrate. L’inquadratura della scena si spostò gradualmente da quella visione terribile, ad un grande portone, poi a un sentiero coperto da foglie secche, per poi svanire tra le fiamme scintillanti, in un ghigno malefico. Il focolare ridivenne immenso, per poi spegnersi definitivamente. Le braci però ardevano ancora, scoppiettando linguette di fuoco. Akane rimase lì, con la bocca appena socchiusa e due occhioni sgranati. Pensò: **C-cosa avrà mai voluto dire ciò?**
    Ed ecco, uno strano silenzio, interrotto soltanto dall’ululare d’un branco di mightiena che muoveva nelle vicinanze alla ricerca di facili prede, possibilmente degli stantler.
    Anziana: “…Ciò è la risposta.” Disse con voce scura, marcando particolarmente quella “è”.
    Akane era perplessa: “…c-come scusi?”
    Anziana: “Non volevi forse tu sapere come poter riabbracciare il tuo Absol? Ecco. Ciò è la risposta.” ripetè.
    Il cuore d’Akane batteva a mille; così, chinò lo sguardo, ripensando a quelle cruenti immagini.
    Akane: “Non… capisco. Cioè, non mi è chiaro dove si trovino il mio Absol e quell’essere. Sa, non è che io sia molto esperta degli edifici di queste parti… infatti ero giunta in città al solo scopo di lottare in Palestra. E poi…” e si fermò.
    Anziana: “…quella, è la Torre Campana, ove si narra che da anni vi dimorino degli spiriti demoniaci. È lì che la mia Aoi fu condotta con l’inganno, per poi strapparle la vita da quegl’occhi innocenti. Ed è lì ove anche il tuo Absol è stato condotto. Certo, è ancora in vita, ma devi sbrigarti a raggiungerlo, perché ormai i suoi giorni sono giunti al termine della loro corsa, e se qualcuno non interviene al più presto, i suoi occhi si spegneranno [lo so che non ha più gli occhi, ma è un modo di dire >.<] e diverrà uno di loro.”
    Akane socchiuse gli occhi e, con sguardo chino, battè quei pugni che stringeva talmente forti ai palmi delle mani, sul legno del pavimento, incominciando a sussurrare con tono rabbioso: “Absol… Diamine ma PERCHÉ proprio a te?? Avrei preferito che avessero preso me, almeno il pensiero di saperti al sicuro m’avrebbe rincuorata, e invece… Ora sarai là, tutto solo e terrorizzato, con dolori lancinanti che ti trafiggono il cuore e senza più neanche la forza di piangere. Oh, amico mio… CERCA DI RESISTERE!!!”
    Detto ciò Akane scattò in piedi e, tenendo la testa bassa, come vergognandosi delle sue lacrime, l’alzò di colpo gridando: “IO VADO A PRENDERLO!”
    Così corse verso la veranda, aprì la porta e…
    Anziana: “Ferma! …Ormai è tarda notte, ed è meglio che una ragazza cos’ giovane come te non vaghi sola per questi boschi sperduti. Fidati di me, passa qui un’altra notte. E poi, me l’avevi promesso…”
    Akane: “Ma…” si interruppe. Vedendo il volto così angosciato della vecchietta non ebbe il coraggio di contraddirla. E poi, come aveva detto lei, si doveva fermare un’altra notte, le aveva dato la sua parola. Così acconsentì: “Ok, data la sua generosità, come potrei farle un simile torto?” e sorrise.
    Akane: “Però domani mattina nulla potrà impedirmi di raggiungere il mio amato Absol.” disse con tono grintoso.
    Anziana: “Sono certa che resisterà. Se è un pokèmon deciso come la sua allenatrice, non avrà problemi a tener testa ad Angelo.” E incominciò a sussurrare: “Poi, sono certa che Angelo attenderà apposta con ansia il suo arrivo.” E fece uno strano ghigno.
    Akane, non capendo cosa avesse da bofonchiare, soggiunse: “Esco a prendere una boccata d’aria, credo che star un attimo da sola m’aiuterà a rifletterci meglio sopra.”
    Anziana: "Ok cara, ma vedi di non allontanarti troppo. Questi boschi di notte pullulano di pericoli, è meglio se non ti ci avventi e che rimani qui vicino.”
    Akane annuì, ed uscì dal templietto. Nel contempo, sul volto dell’anziana era parsa un’espressione malefica, che Akane, essendo uscita, non notò [classico >.<]
    Il cielo fuori era d’un blu stupendo, e le stelle brillavano irradiando le nuvole passeggere grigiastre. Uno spettacolo che riuscì a riaccendere un minimo do vitalità nel volto d’Akane. Ma, ora che sapeva il triste futuro di Absol, non riusciva a starsene con le mani in mano; ma… era obbligata.
    **Dai, una notte, una notte soltanto. Non dovrà resistere niente di più che una notte.** pensò.
    E con questo pensieri che le frullava in mente s’accasciò nel prato, supina, fra i crisantemi e le viole, spalancando le braccia. E ora stava lì, con i fili d’erba che le solleticavano le braccia, a fissare gli astri. Con un po’ di fantasia le parse che un gruppo di stelle assomigliasse vagamente al volto del suo Absol. Così sussurrò: “Absol, ti scongiuro, resisti! Sto per venire a prenderti.” E detto ciò s’addormentò, mentre una lieve brezza le soffiava addosso; una brezza che andava passando tra quelle rose spinose, sollevandone qualche petalo. Questi sembravano danzare a ritmo col vento, per poi andar posandosi sul davanzale d’una finestrella del templio, dal quale, con grande orrore da parte di chi avrebbe assistito alla scena, l’anziana, con un volto allungato dal quale sporgevan dalla bocca denti affilati e logori, osservava, con occhi dai capillari colmi di sangue, Akane, ormai dormiente nel prato. Uno strano sussurro aleggiava intorno all’ “anziana”, e lei, come per rispondere, disse con un ghigno sinistro: “Come vuole lei, mio Padrone.”


    Fine 2^ parte!




    -Ma cosa sarà mai questa "misteriosa" vecchietta?
    -Ha fatto bene Akane a fermarsi ancora un pò, o sta correndo qualche pericolo?
    -Ce la farà Absol a resistere sino a quando arriverà la sua allenatrice?
    -Cosa vorrà quella misteriosa bimba dalla nostra Akane?
    e soprattuto; Cosa si celerà realmente nella misteriosa Torre Campana?

    Tutto questo nella prossima parte de: "Il sussurro"

     
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  2. ¬L i g h t™
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    è un mese che aspetto la 3a parte :fg:
     
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  3. ~Crystal™
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    CITAZIONE (¬L i g h t™ @ 6/1/2012, 23:40) 
    è un mese che aspetto la 3a parte :fg:

    condiglianze :patpat:
     
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  4. ¬L i g h t™
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    CITAZIONE (~Crystal™ @ 7/1/2012, 10:32) 
    CITAZIONE (¬L i g h t™ @ 6/1/2012, 23:40) 
    è un mese che aspetto la 3a parte :fg:

    condiglianze :patpat:

    *condoglianze :patpat:
     
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  5. †Kønømi†
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    CITAZIONE (¬L i g h t™ @ 6/1/2012, 23:40) 
    è un mese che aspetto la 3a parte :fg:

    porko kazzo, skrivila te na roba kosì :fgt:
    cmq, ti consiglio di non aprire lo spoiler, come minimo t'inkazzeresti cm na bestia :zizi:
    Lo hai aperto? benissimo, ora sai ke sono anko alle prime 5 righe della terza parte :clapclap: cmq, la continua non appena non mi devo passare 5 ore al giorno a studiare :fg:
     
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  6. Dark Chris
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    Mo c'ho paura... che c'è nello spoiler??? XD
     
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  7. †Kønømi†
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    Oddio chris, anko kon ste paranoie? xDDDDDD
     
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  8. Dark Chris
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    Si! Problemi??? A me piace il sangue, il buio, lo sparatutto, i mostri gli zombie ecc. ma gli Screamer e le immagini improvvise con appunto gli screamer NO!
     
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  9. †Kønømi†
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    Ma non c'è alkuna immagine xDDD
     
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  10. ¬L i g h t™
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    koka sto sussuro si è ammutolito :fgt:
     
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  11. †Kønømi†
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    se devo fare quella x il konkorso non riesko a fare pure qst :fgt:
    cmq con l'altra sono a 14 pagine >.< devo aggiungerci anko un po'di roba, la scrivo a computer e poi la metto.
     
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  12. ¬L i g h t™
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    ma ormai crys se ne è andata ki lo caga piu il concorso
     
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  13. †Kønømi†
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    la vojo cmq finire :zizi:
     
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  14. ¬L i g h t™
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    :facepalm:
     
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  15. †Kønømi†
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    Piccolo OT:
    E ke è sto flood pure qui? >.<
     
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20 replies since 6/1/2012, 14:19   175 views
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